martedì 22 novembre 2011

Distanze, ovvero il potere profetico dei versi...

scartabellando tra vecchi file è riemerso un altro esercizio dei tempi della scuola di teatro.
e la cosa veramente pazzesca è che seppure scritto totalmente in astratto, come puro esercizio... si è tramutato in realtà, nn molto tempo fa!
danno i brividi queste cose, nevvero?

cmq... eccolo. è un'esercizio, non è geniale, però fila abbastanza, mi pare. insomma, scorre.
l'esercizio consisteva nell'alternare prosa e versi liberi.


Distanze.

Quest’estate cosa faccio?
Sto qui a casa…
oppure…?
Oppure viaggio!
Mi avventuro in inter–rail
In Georgia, me ne andrei, per le querce…
secolari…ma però
Ci sta il mare fra di noi,
ma l’aereo, mai!
E poi mai!
Ci sta il mare tra di noi
ed io mai lo solcherò.
Resto a casa.
E ti scrivo.

Ma che scrivere? E le lettere…: un lavoro estenuante! Incominicio di buon ora a raccogliere le idee. La missiva è come un rito che io fabbrico per te.. Il foglietto a lungo viaggia nella busta colorata e, tu, aspetti una sorpresa (così credo). Una gioia, un gran dolore, che ti occupi per ore, ti ricordino di me… Ma io penso, mentre il foglio…resta vuoto.

Mi ricordo le sue mani
Questo solo mi ricordo
E gli occhi
Uno solo
più furbetto–
l’altro, meno.

E così sono salita
sulla nave!―
Ed è lì che l’ho incontrato:
in un sogno,
nel passato…
Non ricordo,
non mi piace…
Non mi piace ricordare.
No.
Mai più
ripartirò.
Mi fa male ritornare.

Non per cattiva coscienza, non per crudeltà ho taciuto, te lo giuro. (L’aria umida sul ponte…)
La distanza è la morte dei miei “se”. Da lontano non ti sento e l’inchiostro non m'aiuta. 


 

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